Non si smette più di parlare di The Last Dance, autentico capolavoro di Netflix pubblicato a cavallo tra i mesi di aprile e maggio, capace di riscuotere un successo senza eguali e di far parlare di sé per tutte le successive settimane. E chissà per quante altre ancora.

Siamo di fronte ad un docu-film, una serie tv da vedere che racconta, ne sanno qualcosa gli amanti di basket e nella fattispecie di NBA, l’ultima, tribolata e vincente stagione dei leggendari Chicago Bulls di Michael Jordan. Per questa ragione qui andiamo a parlare delle curiosità più ricercate sulla controversa produzione del colosso dello streaming italiano.

The Last Dance: i Chicago Bulls

Gli amanti dell’NBA, popolarissima soprattutto tra le giovani generazioni, sanno bene che i Chicago Bulls sono una delle storiche franchigie del basket professionistico a stelle e strisce. Non tutti, soprattutto i giovani e i giovanissimi, non sanno che quando si parla di Bulls si fa riferimento ad una squadra leggendaria capace di monopolizzare le scene in tutti gli anni ’90 del secolo scorso.

Quella squadra, costruita sul finire degli anni ’80, portò alla consacrazione di Michael Jordan. Quei Bulls vinsero tre campionati, prima del ritiro di Jordan per la morte del padre. E ne vinsero altri tre all’indomani del ritorno di Jordan, dopo il suo volontario esilio. Un filotto di vittorie unico, che ha opposto resistenza al passare del tempo ed ha spazzato via tutti i record precedenti, su tutti quello dei leggendari Celtics.

Più di vent’anni dopo?

Ancora: non tutti sanno che The Last Dance ha più di vent’anni. Michael Jordan, dopo il ritiro, ha cominciato il silenzio su una serie di documenti custoditi come un segreto di stato dalla National Basket Association. La sensazione è che si aspettasse un ok da parte del più grande di tutti, per rendere pubblico un materiale più unico che raro.

Dunque un’altra curiosità. The Last Dance è il montaggio di video girati nell’ultima stagione di Jordan e dei suoi Bulls, unito alle interviste che i protagonisti di allora hanno rilasciato nel corso di quest’anno. Jordan diede il suo ok per la produzione della docu-serie solo nel 2016. Per cui la serie ha avuto una lunga gestazione, arrivando alla “nascita” solo in questo 2020. Perché?

Un omaggio o un’apologia di Michael Jordan?

Il bello comincia qui: “Non ho bisogno di fare questo!” – dice Jordan sul finire del docu-film, con gli occhi lacrimanti e una comprensibile emozione. Ma con questo, a cosa fa riferimento Jumpman? Parliamo di un personaggio altamente competitivo che ha voluto dare una risposta a quanti sostengono la grandezza dei moderni James e Curry. La sensazione è che Jordan abbia voluto ribadire, a oltre vent’anni dal suo ritiro, di essere l’unico, più grande di tutti.

The Last Dance è un’apologia di Jordan? Difficile dire di sì, ma impossibile dire di no. Un omaggio ai Bulls, ai protagonisti di quegli anni, senza dubbio. Ma anche e soprattutto al migliore, di quel gruppo. Molti infatti, oltre a smentire sedicenti “fake news” di Jordan, hanno storto il naso sia per alcune dichiarazioni dello stesso sia per il troppo spazio concessogli, quasi il doppio di tutti gli altri. Ai posteri l’ardua sentenza…

Fonte immagine: Sky